sabato 23 maggio 2009

L'Aquila (ir)reale

Mattinata tranquilla ieri, io resto sempre con le orecchie tese: bisogna cogliere l'occasione al volo, o si resta inchiodati. Sento l'ing.Pinato parlare di un sopralluogo ad una chiesa. Sono in buoni rapporti, gli ho messo in sesto il pc un paio di volte qui.
Lo fermo: "Tiziano, ma andate a L'aquila!? Hai un posto!?"
Lui mi guarda con la sua faccia seria e dice: "Senza caschetto e pettorina, non vai da nessuna parte.". Mollo le carte sul tavolo, dico a Fabio di coprire la segreteria, parto come un missile verso il magazzino, recupero casco blu e pettorina gialla, infilo gli scarponi, digitale in tasca e sono pronto. 5 minuti dopo sono in macchina con i Vigili del fuoco, due periti e l'ing, direzione zona rossa.
Fino a qualche metro sembra tutto normale, poi cominci a vedere file di macchine parcheggiate dietro la carreggiata, poi un avamposto dei pompieri, poi una delle porte della città, e poi...
E poi...
Poi...
Poi è qualcosa che non si riesce a descrivere a parole, una cosa per cui non puoi essere pronto, nonostante tutti i racconti e tutte le storie.
Se ci vai da solo credo uno possa rischiare di rimanere schiacciato dalla sensazione che ti dà la citta. Per fortuna eravamo in due, e parlando tra noi forse qualcosa abbiamo scaricato.
Per il resto non riesco a parlarne adesso, ho visto tante cose al limite dell'assurdo che bisogna urlarle fuori.
Una volta, quando ancora ero karateka, il mio maestro diceva che la nostra energia per ogni colpo parte sempre dalla terra, la succhiamo da lì per scaricarla nelle mani, nei colpi.
E se invece è la terra che ce la inietta, e lo scaricarla diventa impossibile, cosa succede dentro di noi....?
Chiudo qui, ci vediamo, faccio lo zaino e riparto, ma con tanta voglia di tornare...
Ciao.

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